Il 19 dicembre scorso la COP15 (Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica), riunitasi a Montreal, ha approvato il Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework, la nuova strategia globale per la biodiversità per i prossimi decenni.
L’accordo finale, raggiunto dopo lunghe e travagliate discussioni, individua quattro obiettivi generali e 23 obiettivi operativi da attuare entro il 2030.
Per conoscere in dettaglio gli accordi, leggi il testo dell’accordo finale e consulta la pagina dei documenti della conferenza.
I principali obiettivi operativi sono:
- ripristinare il 30% degli ecosistemi degradati a livello globale, su terra e mare, entro il 2030;
- conservare e gestire il 30% delle aree (terrestri, acque interne, costiere e marine) entro il 2030;
- fermare l’estinzione delle specie conosciute ed entro il 2050 ridurre di dieci volte il rischio e il tasso di estinzione di tutte le specie (comprese quelle sconosciute);
- ridurre il rischio da pesticidi di almeno il 50% entro il 2030;
- ridurre i nutrienti persi nell’ambiente di almeno il 50% entro il 2030;
- ridurre i rischi di inquinamento e gli impatti negativi dell’inquinamento da tutte le fonti entro il 2030 a livelli non dannosi per la biodiversità e le funzioni degli ecosistemi;
- ridurre l’impronta globale dei consumi entro il 2030, anche attraverso una significativa riduzione del consumo eccessivo e della generazione di rifiuti e il dimezzamento degli sprechi alimentari;
- gestire in modo sostenibile le aree destinate all’agricoltura, all’acquacoltura, alla pesca e alla silvicoltura e aumentare sostanzialmente l’agroecologia e altre pratiche rispettose della biodiversità;
- affrontare il cambiamento climatico attraverso soluzioni nature-based;
- ridurre di almeno il 50% il tasso di introduzione e insediamento di specie esotiche invasive entro il 2030;
- garantire l’uso e il commercio sicuri, legali e sostenibili delle specie selvatiche entro il 2030;
- rinverdire gli spazi urbani.
L’accordo impegna i paesi firmatari ad individuare entro il 2025 e ridurre entro il 2030 le sovvenzioni dannose per la biodiversità di almeno 500 miliardi di dollari all’anno , nonché di mobilitare 200 miliardi di dollari all’anno, di fonte sia pubblica che privata, per la biodiversità.
L’accordo include, altresì, importanti riferimenti a “governi subnazionali, città e altre autorità locali”, così come all’approccio inclusivo che Regions4 e ICLEI hanno sostenuto. A questo proposito segnaliamo il documento Engagement with subnational governments, cities and other local authorities to enhance implementation of the post-2020 global biodiversity framework.
Infine, vi sono anche le criticità, segnalate da più parti. Infatti, alla luce dello stato delle cose e del non raggiungimento degli obiettivi concordati nel precedente piano strategico per la biodiversità 2011-2020 di Nagoya (COP10), è decisivo che quanto concordato a Montreal, in termini di politiche, azioni e risorse finanziarie, venga ora tradotto in fatti concreti nei tempi stabiliti da parte dei singoli Stati nazionali.
Per alcune prese di posizioni dal mondo ambientalista, leggi i comunicati di Wwf, Lipu e Greenpeace.
Una menzione a parte merita la questione dei diritti dei popoli indigeni e delle comunità locali, sollevata con forza durante la conferenza da parte di diverse Ong, come Survival e Amnesty International, e dell’IIFB (International Indigenous Forum on Biodiversity). Alla fine e dopo molte discussioni è stato riconosciuto nel testo finale il ruolo dei popoli indigeni nella conservazione della biodiversità.